Ganbaru è sicuramente, dopo i classici arigatou o konnichiwa, una delle prime parole in cui ci si imbatte quando s’inizia a studiare il giapponese. Inoltre ganbaru ed i suoi derivati sono molto utilizzati nella vita di tutti i giorni, non c’è da stupirsi se li sentirai usare più volte nel corso di una giornata. Ma che cosa vuole dire ganbaru in giapponese? In quali contesti viene utilizzato e come mai è una parola, o per meglio dire, un concetto così importante in Giappone?
Origine del termine ganbaru
La parola ganbaru (頑張る) è composta da due ideogrammi. Il primo gan (頑), si può trovare in composti come ganko (頑固, testardo) oppure gankyou (頑強, tenacia), mentre il secondo, haru (張 る), è un verbo che ha svariati significati come stendere, tirare o dedicarsi.
Dall’unione di questi due caratteri nasce il verbo ganbaru, che in giapponese ha due significati differenti. Il primo, di uso meno comune, si dice che derivi da una parola usata nel periodo Edo (1603-1868) ganharu (眼張る) che letteralmente significa guardare ed era usato per indicare l’azione delle sentinelle che facevano la guardia al castello.
Il secondo significato, quello di uso più comune, vuole dire totalmente un’altra cosa. Se si guarda un dizionario giapponese, la definizione che viene fornita è sopportare l’avversità, senza arrendersi. Tuttavia, questa descrizione è molto riduttiva e non tiene conto dei cambiamenti di nuance che il verbo ha in base ai contesti in cui è utilizzato.
Ganbare e ganbatte
Anche la traduzione in italiano di ganbaru con frasi come buona fortuna oppure in bocca al lupo, non rende il significato intrinseco di questa parola. In ganbaru la fortuna non c’entra niente e tutto è focalizzato sul concetto di impegnarsi fino alla fine per superare ostacoli oppure i problemi che ci si parano di fronte. Questo è il significato in generale che, tuttavia, può cambiare leggermente in base a come il verbo è coniugato e alle situazioni in cui viene usato.
Ganbare (頑張れ) è la forma imperativa del verbo ganbaru ed è spesso urlato dai fan o i supporter per incitare la propria squadra del cuore, il proprio artista preferito o semplicemente un amico o un’amica cha sta prendendo parte ad una competizione. Si può tradurre in italiano con “Dai!” oppure “Forza ragazzi!”.
Ganbatte (頑張って) e ganbattekudasai (頑張ってください) sono altre due forme di imperativo un po’ meno forti e più formali di ganbare. Queste sono due paroline che gli studenti di lingua giapponese si saranno spesso sentiti dire dal loro professore o professoressa, magari con l’espressione 日本語頑張って下さい (nihongo ganbattekudasai). In questa situazione, il ganbatte è usato come uno sprono ad impegnarsi in qualcosa e la frase sopracitata può essere tradotta con un “Dacci dentro con il giapponese” oppure “Mettici impegno nello studio del giapponese”. A questa affermazione gli studenti rispondono solitamente con un はい、頑張ります (hai, ganbarimasu) che vuole dire “Si, ce la metterò tutta!”.
Ganbarō e ganbarimashō
Ganbarō (頑張ろう) e ganbarimashō (頑張りましょう) sono le forme volitive, più o meno formali, del verbo ganbaru in giapponese. La maggiore differenza rispetto alle altre coniugazioni, è che ganbarō e ganbarimashō spesso sottintendo uno sforzo collettivo e non del singolo, per superare certe difficoltà. Queste due espressioni sono state adoperate molto dopo lo tsunami del 2011 o, più recentemente, dopo il terremoto del 2016 che ha colpito la città di Kumamoto. Ancora oggi, per le strade, si possono vedere cartelli o volantini con su scritto 頑張ろう、熊本! (ganbarō, Kumamoto!), che significa “Facciamo del nostro meglio, Kumamoto!”.
Ovviamente ci sono altri modi in cui il verbo ganbaru viene utilizzato ed il significato varia moltissimo in base alle circostanze. Per esempio, se vediamo un amico molto impegnato con lo studio e gli diciamo ganbatte ne è come dirgli “dai, dai, che ce la fai!”. Oppure se diciamo ganbarimasu dopo che abbiamo commesso un errore, stiamo implicitamente dicendo che dalla prossima volta ci impegneremo di più per non commetterlo di nuovo.
Società del ganbaru
Come puoi immaginare, in un paese come il Giappone, dove lavoro duro, diligenza e perseveranza sono profondamente lodati, il concetto di ganbaru in giapponese è diventato un pilastro della società. Ganbaru va spesso in coppia con un’altra parola molto importante nella cultura giapponese, gaman (我慢, lett. pazienza o perseveranza). I due concetti, tuttavia, anche se sembrano molto simili, hanno una differenza sostanziale.
Mentre gaman è il semplice concetto di sopportare, senza lamentarsi, le difficoltà che ci si parano davanti, ganbaru è un processo attivo in cui bisogna superare quelle difficoltà grazie ai propri sforzi. Il concetto intrinseco di ganbaru è molto forte e positivo, visto che ci dà l’idea che non importa quali e quanti ostacoli dobbiamo superare, se ce la si mette tutta, ce la possiamo fare.
Nessun problema quindi, no? Non proprio. Perché se è vero che in generale ganbaru in giapponese ha una valenza positiva, alcune volte il suo utilizzo può essere controproducente. Il motivo di questo effetto collaterale sta nel fatto che ganbaru pone l’enfasi sullo sforzo che una persona ha messo nel fare un’azione. Se quella persona riesce a farcela non ci sono problemi, ma se fallisce vuol dire che la colpa è totalmente sua poiché non s’è impegnata abbastanza. Quindi, mentre a quelli che usano ganbaru può sembrare di aver semplicemente incoraggiato l’altra persona, per quelli che se lo sentono dire può apparire come un velato rimprovero per non essersi impegnati al massimo.
Questo porta spesso molti ad impegnarsi oltre i propri limiti e sforzarsi fino allo sfinimento. Un chiaro esempio di ganbarisugiru (頑張りすぎる, lett. sforzarsi troppo) è il problema dell’eccessiva mole di lavoro straordinario nelle aziende, che spesso porta alla cosiddetta karoushi (過労死), morte per troppo lavoro. Però dire no ad un ennesimo lavoro straordinario sarebbe visto come un segno di pigrizia e poca voglia di impegnarsi e quindi si fa gaman e si continua a ganbaru.
Non c’è dubbio che ganbaru in giapponese, nella maggior parte dei casi, abbia un significato fortemente positivo, in particolare quando si sta facendo il tifo per qualcuno o quando vogliamo motivare qualche pigrone. Tuttavia non bisogna abusarne e bisogna capire che per quanto una persona si impegni, tutti abbiamo dei limiti che non possono e non devono essere superati. Quindi un buon ganbatte, ma senza esagerare.
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