Quante volte hai letto delle disavventure di turisti occidentali in Giappone che si presentavano allungando una mano e ottenendo come risposta un silenzio imbarazzante? Uno dei tratti che più caratterizzano il Giappone è la mancanza di contatto fisico, specie con chi non si conosce; come fare quindi per mostrare il rispetto e la gentilezza tanto cari alla società nipponica? La parola è una sola: ojigi (おじぎ), l’inchino giapponese.
Da dove nasce questa usanza?
Ciò che ad uno straniero salta subito all’occhio è che in Giappone tutti si inchinano: gli operai al lavoro mentre passi, gli agenti sulla pista di atterraggio dell’aereo dopo aver completato la segnalazione con le bandierine, le persone davanti al tempio prima di pregare. Persino gli uomini di affari hanno l’abitudine di inchinarsi più e più volte mentre parlano al telefono. Solitamente si parte dell’inchino come una forma di grande educazione giapponese, quando in realtà ha origine da una determinata tradizione.
Alcune fonti dicono che derivi dagli usi della religione shintoista, altre che sia stata introdotta dalla famiglia Ogasawara a partire dal Periodo Kamakura (1185 – 1333) attraverso una guida completa sull’etichetta sia marziale che cerimoniale; il punto su cui tutte le teorie concordano è che l’inchino abbia assunto in Giappone un significato più profondo rispetto ad altre parti dell’Asia.
Inizialmente limitato alle cerimonie tradizionali e alle arti marziali, i suoi ambiti di applicazione si sono via via moltiplicati fino a divenire parte integrante della vita di tutti i giorni; proprio per l’importanza culturale che ricopre, l’atto dell’inchino si presenta in diverse varianti, ognuna con un significato a sé.
Tipi di inchino giapponese
1. Seiza e l’inchino da seduto
Usato spesso nelle arti marziali e nella cerimonia del tè, trova la sua applicazione anche in eventi formali e funerali; la posizione di partenza è definita seiza (正座), ovvero “sedersi in modo corretto”.
2. Mokurei, il cenno del capo
Pur essendo largamente usato nella vita di tutti i giorni, l’inchino vero e proprio non è sempre richiesto: nel caso di parenti, amici e persone che si conoscono da tanto basterà un cenno del capo, il mokurei (目礼).
3. Eshaku, il saluto quotidiano
La profondità dell’inchino giapponese varia a seconda dell’età, della propria posizione sociale e del significato che gli si vuole dare; in caso di saluto generico si parla di eshaku (会釈), il meno profondo e usato per amici, colleghi e conoscenti.
4. Keirei, il riguardo
Si usa davanti ai propri capi o a qualcuno con una posizione sociale più alta; in questo caso ci si dovrà inchinare di più rispetto all’eshaku, senza però esagerare. La parola di riferimento è keirei (敬礼).
5. Saikeirei, il massimo rispetto
Un turista o uno straniero residente in Giappone difficilmente si ritroverà nella situazione di dover eseguire un saikeirei (最敬礼): si tratta infatti dell’inchino più profondo e formale di tutti e viene usato per mostrare il massimo rispetto, ad esempio in un’udienza con l’imperatore, o per porgere le più sentite scuse.
6. Dogeza, quando le scuse non bastano
E se il saikeirei non è abbastanza entra in gioco il dogeza (土下座), che prevede il prostrarsi completamente a terra. Questo tipo di inchino assume il significato di profondo pentimento per un’azione molto grave che si è compiuta, oppure viene usato per chiedere un favore enorme.
La posa estrema prevista dal dogeza (mani a terra e testa talmente bassa da toccare il pavimento) riprende quella che si assumeva nel Giappone antico per implorare per la propria vita ed ha un forte impatto sulle persone, in quanto umiliante per chi la esegue.
Come straniero non ti verrà imposto di imparare i vari inchini e il loro significato, ma se vuoi provare ricordati che un inchino perfetto alla giapponese prevede braccia lungo il corpo, schiena dritta e sguardo basso; all’inizio potresti sentirti un po’ impacciato, ma una volta capito il meccanismo ti verrà così naturale da inchinarti persino al di fuori del Giappone!
Provare per credere!
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