Le vasche da bagno italiane mi sono sempre state strette. Non importa che ci fossero le tendine a proteggere il pavimento; io nelle mie immersioni quotidiane finivo irrimediabilmente per allagarlo scatenando la rabbia del parentado. Poi, un giorno ho avuto fatto la mia prima esperienza alle onsen in Giappone, quelle che in Italia chiamiamo terme.
Era una notte d’estate a Kobe e dopo un film ristoratore al cinema multisala, la mia famiglia ospite ha deciso di deviare dal solito tragitto per tornare a casa e prendere una strada in salita. La macchina procedeva tra tornanti mozzafiato e salite ripide, sembrava un panorama da entroterra ligure. Al termine di quella deviazione, però, qualcosa che non avevo mai sperimentato prima avrebbe per sempre rivoluzionato la mia idea di fare il bagno. Ero stato alle terme in Italia e mi ero mortalmente annoiato, abbandonato con un giornalino nell’atrio principale, mentre mia madre inalava disgustosi effluvi di zolfo.
La prima volta alle onsen
Il rituale termale invece coinvolgeva tutti in Giappone dai grandi ai piccini. Ricordo ancora quanto il padre della famiglia che mi ospitava fosse stato premuroso e mi avesse accompagnato in tutte le fasi di quella magica cerimonia per certi versi così diversa dalle nostre tradizioni. Dopo esserci separati dalla controparte femminile, il primo passo è stato quello di abbandonare i vestiti e la vergogna nell’armadietto. Non c’erano costumi ma l’iniziale sgomento è stato subito abbandonato, complice l’intensità dell’esperienza.
Il primo contatto con l’acqua avveniva per purificarsi per mezzo di una doccia all’occidentale e precedeva il vero e proprio ingresso nel bagno, una vasca enorme ricavata all’esterno della struttura che si affacciava su un boschetto di bambù. L’acqua inizialmente mi era risultata così calda che avrò resistito a bagno sì e no un minuto scarso. Poi, però, un poco alla volta, il mio corpo si è abituato alla temperatura e si è totalmente abbandonato al tepore e ai fumi della vasca. Da quel momento in avanti ho realmente capito il vero significato della parola rilassarsi e tutt’ora, quando sono particolarmente stanco dei ritmi vertiginosi della città, cerco riparo in questi paradisi.
Le terme della Città incantata
La rivincita è arrivata il giorno in cui la mia famiglia è venuta a visitarmi dall’Italia; superate le prime resistenze, sono riuscito a condurli al famoso albergo Kanaguya di Nagano, complice indiretto il regista Hayao Miyazaki, che ne ha tratto ispirazione nel famoso lungometraggio dello Studio Ghibli “La Città Incantata“. A quanto pare, infatti, il tunnel attraverso il quale Chihiro e i suoi genitori passano per arrivare al famoso edificio delle onsen sarebbe proprio stato preso da qui, nello Shibu Onsen district.
Questo ryokan (旅館), antica locanda tradizionale giapponese, esiste da oltre 250 anni, e ospita oltre 9 bagni diversi al suo interno: 5 sono bagni privati, dove puoi chiudere a chiave la porta, mentre altri 4 sono bagni in comune. Fargli da cicerone nel rituale termale (un’amica giapponese provvedeva alle donne di casa) e vederli con indosso per l’occasione la veste giapponese da camera e le loro facce rilassate dopo il bagno ristoratore, è stato indimenticabile.
Quando verrai in Giappone cogli l’occasione di vivere un’esperienza nelle onsen per provare a rilassarti alle terme come fanno i giapponesi.
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