La cerimonia del tè in Giappone ha un’etichetta e delle regole ben precise, che affondano le loro radici nei principi del buddhismo zen. La sala da tè, gli utensili, le movenze: tutto ciò che riguarda quest’arte si fonda sul principio dell’armonia e non è un caso che venga considerata dai più come lo specchio dello spirito giapponese.
Scopri insieme a noi i segreti e le curiosità sulla cerimonia del tè!
La storia
La cerimonia del tè è conosciuta in patria come cha no yu (茶の湯, letteralmente “acqua calda per il tè”) oppure come chado o sado (茶道, “la via del tè“).
La pratica è originaria della Cina ed è descritta nell’antica raccolta “il canone del tè”. Le foglie di tè verde, prima cotte al vapore e poi essiccate, venivano ridotte in polvere e mischiate con l’acqua dai monaci buddhisti, che bevevano l’infuso per meditare.
A seguito del suo viaggio in Cina, incuriosito dal rituale, il monaco giapponese Eisai Myōan portò nel Sol Levante ciò che in seguito sarà conosciuto con il nome di matcha, e che divenne molto popolare anche tra i samurai per le sue proprietà terapeutiche.
Il crescente interesse verso il tè portò i giapponesi a studiare il modo migliore per coltivarlo, ma con il tempo divenne ad uso esclusivo degli aristocratici. I nobili si divertivano con gare, chiamate tōcha (闘茶, とうちゃ), che consistevano nell’indovinare la provenienza delle foglie del tè, facendo perdere alla bevanda il suo utilizzo medicinale.
La cerimonia del tè come la conosciamo oggi si deve al monaco Murata Jukō, che preferì luoghi più spogli e utensili semplici per la preparazione del matcha, privando il tè della sua nomea di ricco passatempo e gettando le basi per un rito più spirituale.
Questo stile, chiamato wabi, verrà poi ripreso dai monaci Taken Joo, che introdusse l’usanza di disporre gli utensili per il tè direttamente sul tatami, e Sen no Rikyuu, il quale codificò la cerimonia in maniera definitiva.

La cerimonia del tè nella cultura giapponese
I principi fondamentali del chado, individuati da Sen no Rikyuu, sono quattro: Armonia (和), Rispetto (敬), Purezza (清) e Tranquillità (寂).
Secondo la cultura giapponese, infatti, nella preparazione del tè sono racchiusi il rispetto e la sintonia verso gli ospiti e gli oggetti della stanza, e la cerimonia viene considerata una via per la disciplina e la calma interiore.
La stanza dove si prepara il tè prende il nome di chashitsu (茶室) , a cui si accede attraverso una piccola apertura chiamata nijiriguchi (躙口).
Per poter entrare, gli invitati sono costretti a piegarsi e ciò viene visto come segno di umiltà, ma le dimensioni ridotte sono anche un mezzo per separare la sala da tè dall’ambiente circostante.
A dominare la stanza è il tokonoma (床の間), la nicchia dentro cui è esposto un rotolo con scritte o disegni. Nel periodo invernale è possibile vedere anche il focolare utilizzato per far bollire l’acqua, incavato nel pavimento, mentre in primavera viene nascosto dal tatami e al suo posto si usa un braciere portatile.
Nel pieno rispetto dello stile wabi, gli utensili utilizzati durante la cerimonia del tè non sono molti.
Il matcha viene conservato in una scatolina chiamata chaki, solitamente di legno o di ceramica, solo in questa occasione: al termine della cerimonia, infatti, il chaki viene svuotato e pulito, e il tè rimasto viene riposto in un altro contenitore a chiusura ermetica.
Per versare il matcha nella tazza si utilizza un particolare cucchiaino in legno di bambù chiamato chashaku, mentre la tazza prende il nome di chawan. Il chawan ha un lato decorato con un disegno, che indica quale parte dovrà essere rivolta al maestro di tè durante la cerimonia.
Dopo aver versato l’acqua calda, si inizia a mescolare tramite un apposito frustino chiamato chasen, anch’esso di legno di bambù. Questo è forse lo strumento più delicato della cerimonia e occorre una buona tecnica per evitare di rovinarlo dopo pochi utilizzi.
Infine, per pulire gli utensili ci sono due tovaglioli, di stoffa diversa: il chakin, di lino bianco, è più piccolo e si utilizza per la tazza, mentre per il resto si usa il fukusa, che è un tovagliolo di seta colorato, portato direttamente dall’ospite.
Partecipare a una cerimonia del tè
La cerimonia del tè è un rituale piuttosto lungo, che dura anche quattro ore, ma si può assistere a versioni più brevi che riguardano solo l’ultimo passaggio, quello più importante: la preparazione del tè.
Una volta che i partecipanti si sono accomodati nella sala seguendo un ordine precostituito, fa il suo ingresso il teishu (亭主, “colui che prepara il tè”), che si inginocchia davanti agli ospiti nella tipica posizione seiza e dispone gli utensili per la cerimonia.
Il teishu inizia la preparazione del tè e gli ospiti sono invitati, a turno, a consumare il dolce che hanno davanti, usanza che serve ad attenuare il gusto amaro del matcha.
Dopodiché, la tazza di tè viene posata davanti al primo invitato, che ruota il chawan in modo che la parte rifinita sia rivolta verso il teishu, poi beve a piccoli sorsi.
Una volta finito il tè, l’ospite pulisce il bordo della tazza e la riposa a terra, lasciando che il teishu la riprenda per lavarla e continuare il giro.
Al termine della cerimonia l’invitato, seduto al posto d’onore, chiede il permesso di esaminare gli utensili, che verranno poi passati agli altri ospiti per un’osservazione più attenta e per ammirarne la qualità o chiedere informazioni sulla loro provenienza.
Il teishu torna poi a sedersi alla posizione iniziale e tutti i presenti si inchinano contemporaneamente; dopodiché, il maestro lascia la stanza e richiude la porta scorrevole.
La cerimonia del tè è uno degli aspetti più affascinanti del Giappone, un’esperienza assolutamente da non perdere per cercare di avvicinarsi allo spirito di questo Paese misterioso, ma affascinante.
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